lunedì 7 aprile 2014

La Casata di Pasqua pontecorvese


Riordinando le mie ricette, mi è capitata tra le mani una lettera di mia zia Maresa. Mi descrive la ricetta e la storia del dolce pasquale d’eccellenza della cittadina in cui vive ormai da tanti anni: 
"La Casata" pontecorvese (casu è il formaggio).

Per farvi capire, Pontecorvo è in provincia di Frosinone. Allegati alla lettera ho trovato anche alcuni  brani di un libro di Bernardino Pulcini, giornalista, professore e amante delle tradizioni che spiega come si fa la Casata tradizionale. 

Mia zia mi racconta che l’autentica Casata è ritenuta quelle delle suore Benedettine che vollero farla in onore di Papa Pio IX. Non ci sono documenti della venuta del Papa in Pontecorvo, però il busto, resto di una grande statua di Pio IX esiste ancora in paese. Con la distruzione del territorio ad opera dei bombardamenti sono andate cancellate tante notizie, per cui non si sa molto di più.

Al lavoro:

Per la sua Casata, mia zia, mescola, per l’impasto:
per ogni etto di formaggio di pecora morbido, non salato, 3 uova intere, 50 g di zucchero, 25 g di cioccolato fondente grattugiato e dadini di cedro candito. L’impasto deve risultare piuttosto liquido.

La ricetta prevede che questo composto venga messo in un guscio di pasta all’uovo che mio zio, raffinato gourmet, non amava. La soluzione è stata quella di metterlo, in alternativa, in un guscio di pasta frolla. Secondo lui, alla fine, quella era la migliore delle “Casate”, a riprova che, come avviene per tantissime ricette, ognuno le varia nella propria cucina.
La cottura a fuoco forte e lungo avverrà alla prova dello stecchino. 

Detta così la ricetta sembra normale, in realtà, invece, se leggiamo quella riportata dal Pulcini, c’è da restare leggermente interdetti. Secondo l’autore, occorrono:
Dose per 1 kg di formaggio fresco, non salato, di pecora…..40 uova….non ho mai comprato tante uova tutte in una volta! E non vado avanti con gli altri ingredienti. 
Credo che, rapportando la torta alle nostre tavole, la dose che mi dà mia zia sia più che sufficiente ed a quella mi attengo normalmente. Anche se leggo che se si fa con poche uova, ossia una dose piccola, non è la stessa cosa…
A fine pagina ho trovato un’annotazione importante dello scrittore, che vi riporto: 
“questo dolce deve rispondere a requisiti di gusto e a requisiti estetici. I sapori dei vari ingredienti sono amalgamati e danno come risultato finale il gusto della casata. I colori, invece, devono essere quelli originali dei vari elementi, con fasce, macchie, striature che vanno dall’oro al beige alla terra di Siena con marmoree lucentezze. Se gli ingredienti non si “capanno”, (cioè se non si riconoscono al gusto i vari sapori!), il capolavoro non riesce.” 
Grazie zia! Buona Pasqua!

Paola

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