martedì 30 aprile 2013

Eleonora Consoli

Tutto cominciò qualche anno fa, quando per caso mi ritrovai tra le mani alcuni foglietti ingialliti, vergati con grafia ordinaria chissà da qualche mia antenata.

Ecco, a quel punto si risvegliò una scintilla: fu da qual momento che cominciai a cercare, a indagare, scavando in un passato antico e recente, alla riscoperta di ricette perdute, di gusti accantonati, di tradizioni conviviali ormai tramontate.
Così ebbe inizio un viaggio, un’avventura esaltante in tutti i luoghi dell’isola, interrogando, intervistando persone, a tutti i livelli.

E tanti, tanti, cui sono grata, sollecitati da un amore comune, mi hanno rivelato i loro golosi segreti. Da polverosi scaffali hanno rivisto così la luce quaderni ormai sbiaditi, ai quali vecchie zie o nonne avevano affidato le ricette di loro creazione, o quelle suggerite da quei personaggi accattivanti che erano i cuochi e che erano chiamati “monsù”, dal francese monsieur.

E attorno a me, pian piano si è formata un’atmosfera festosa e partecipe, di gente simpatica e, come me, convinta che la cucina siciliana – ci scusino gli altri – è la più genuina del mondo, perché nobilitata dai raggi del sole.

Sono una giornalista pubblicista, ho tenuto per tanti anni sul quotidiano “La Sicilia” e sull’emittente TV “Teletna- Antenna Sicilia” una rubrica di gastronomia, ho pubblicato mensilmente una rubrica su alcune riviste e collaboro a giornali e riviste anche a carattere internazionale.

Sono autrice dell’opera in due volumi “Sicilia – La cucina del sole” . Di recente la Casa Editrice Dario Flaccovio di Palermo, ha curato una nuova edizione dell’opera raccolta in un solo volume. Ho scritto altri libri pubblicati a Tokyo e in Svizzera.

Sono membro onorario dell’Accademia della Cucina Italiana e della condotta Terre dei Ciclopi di Slow Food.
Mi sono occupata di turismo per l’Ente Provinciale di Catania organizzando manifestazioni gastronomiche in Europa, Giappone, Brasile e Nord Africa

Ho aperto una scuola di cucina intitolata “Cucina del Sole”, a Viagrande (Catania), con gli scopi di diffusione della buona cucina, particolarmente quella siciliana e mediterranea. Nell’accogliente dépendance della mia casa gli ospiti possono anche apprezzare la tranquillità del giardino tipico siciliano, caratterizzato dagli aromi e colori che solo in questa parte dell’isola si possono trovare.

lunedì 29 aprile 2013

Asparagi selvatici con crostini di pane

Ingredienti (per 4 persone):

1 Kg di asparagi selvatici
4 cipolline nuove (o 2 cipolle) nettate e tritate
12 piccole fette di pane casereccio raffermo
1 ciuffetto di prezzemolo tritato
4 cucchiai d’olio extravergine d’oliva
sale, pepe
½ bicchiere d’olio extravergine d’oliva

Al lavoro:

Nettare gli asparagi selvatici trattenendo le parti più tenere.

Fare soffriggere leggermente le cipolline (o le cipolle) in una pentola con l’olio, senza farle imbiondire.
Aggiungere gli asparagi, appena lavati e scolati, sale, pepe e prezzemolo.
Fare cuocere a fuoco vivo, con il coperchio, per una ventina di minuti, aggiungendo – di tanto in tanto – qualche cucchiaiata d’acqua.

Inumidire le fettine di pane raffermo con una spruzzata d’acqua e friggerle in una pentolina con l’olio ben caldo finché saranno dorate da ambo le parti.

Trasferire gli asparagi sul piatto di portata con i crostini sistemati intorno, a corona.

Servirli, caldi.

                                                                                                                    Eleonora

Serenella Romeo

Da piccina, d’estate, facevo con gioia compagnia alla mia allegra nonna materna, che nella sua cucina di Bellagio, affacciata sulle meraviglie del Lago di Como, mi raccontava storie di famiglia e della sua vita, con la confidenza che non si dà ai figli, ma si concede liberalmente ai nipoti.  Era simpatica, golosissima, curiosa del gusto e ottima cuoca.   Guardandola  imbandire nella veranda sul lago una  bella tavola,  con sontuose  prime colazioni  fatte di latte, uova  e burro freschi ogni mattino, confetture di casa e salumi e formaggi e frutta di fresco taglio e poi  curare per l’intera mattina la preparazione del pranzo, ho imparato che la cucina è cultura, istinto, amore  e cura. Assaggiavo deliziata  le minuscole michette fresche di sfornata, fragranti opere d’arte che le prestinaie rinnovavano all’alba d’ogni giorno.  Il profumo del pane e delle zwieback  ci davano  il buon mattino lungo le rampe delle scalinate che salivano alla Chiesa. Indimenticabile memoria olfattiva di gioia e di scoperta della vita. Michette fatte per un solo boccone, perché “il pane spezzato a tavola è inelegante”,  perché “l’igiene vuole che solo una mano lo tocchi per il viaggio in bocca”. Michette che “rubavo” durante il suo riposo pomeridiano e di cui, riempite di taleggio impeccabilmente morbido, mi attrezzavo le tasche dei calzoncini, per una merenda premio dopo aver sguazzato nel lago. La “ranocchietta, ultima ruota del carro” dei nipoti,  guardava  la nonna costruire piatti semplici o elaborati della sua tradizione lombarda e delle altre regioni d’Italia in cui era vissuta dal Nord al Sud. Imparava così, empiricamente.
Imparava che i fornelli preparano ma la tavola mostra e secondo le regole  del nonno, amante dei fiori  e dell’eleganza – che può esser dei ricchi come di chi nulla possiede, perché è una qualità dell’anima- che gli occhi sono i primi fruitori dei piatti, che ben presentati sono il primo indizio del gusto, segue la stimolante  fragranza nell’olfatto e, infine, sia regina di piacere la bocca.
Erano allora cucine e tavole per tempi lunghi. Poche allora, nonostante la povertà del dopoguerra, le donne al lavoro fuori casa. Tranne che nei ceti popolari, le cui ricette capaci di inventar bontà dal nulla, sono oggi esempio e pratica di cucina buona e sana e spesso anche veloce. Sta all’abilità e all’esperienza sapere combinare tempi e ingredienti a disposizione. Un esempio? L’acquacotta grossetana. Rapida, semplice, sana, buona, colorata nei cocci di presentazione e di modesta spesa. Anche presentare un piatto quotidiano è opera di affetto, che chiunque può imparare e che si può velocemente allestire con un po’ di fantasia. Curo sempre di stimolare i miei ospiti con le composizioni del piatto e i colori di contorno. Variano, come i vini, secondo i giorni e le occasioni. Improvvisando con quel che c’è intorno. La regola comunque per me come per tutti: cucinare con amore, perché gli “umori” del cuoco passano nei piatti.

Così a Bolzano dove sono cresciuta, a sorpresa, mia madre si è vista un giorno servire il primo piatto cucinato dalle mie mani, mentre lei era impegnata a istruire sulle leggi della chimica- che mi ha trasmesso come cultura di igiene alimentare- i suoi giovani allievi. Una coda alla vaccinara, gustosa ricetta della tradizione popolare romana, che avevo imparato guardando la nonna. Avevo 7 anni, una educazione improntata alla responsabilità, uno spirito indipendente, una curiosità innata alla vita, alla conoscenza e alle storie umane e una naturale attrazione per il gusto e la bellezza. Una strana bambina che ancora sopravvive in me con una chioma ormai d’argento. La cucina per gli altri mi ha sempre dato gioia e, a giudicare dalla costanza con cui frequentano la mia tavola, anche agli amici. Ho cucinato ovunque e sempre, anche nella Clinica francese dove mi hanno curato e dove l’ergoterapia riabilitativa prevedeva un’attrezzata cucina, per non smettere mai di vivere con gusto, neppure se diminuiti nella mobilità. Un tripudio di italianità ai fornelli per tavolate di medici, infermieri e pazienti…..impazienti di affondare la forchetta in spaghetti e tortiglioni ben conditi e non solo.  

Roma, multiculturale e cosmopolita, dove ho studiato giurisprudenza e poi ho lungamente lavorato nelle istituzioni pubbliche con grande impegno, è stata la palestra delle mie sperimentazioni culinarie. Amo in particolare le ricette della tradizione ebraica romana, perché sono saporite e essenziali. Un viaggio nei sapori che ha attraversato costantemente i miei anni leggendo per piacere, facendomi raccontare le ricette di famiglia, scambiando esperienze, comprando libri, spezie e attrezzi, che hanno arricchito i colli dei miei molti traslochi, delle culture dei paesi che ho visitato in Europa, negli Stati Uniti, in Africa e in India. 

Il mio libro capostipite di cucina “Il talismano della felicità” in edizione e carta di guerra, che mia mamma ha avuto dalle mani di Ada Boni, guida ben rilegato la pattuglia dei ricettari multilingue nella cucina della mia attuale minuscola casa a Bologna , dove la mia tavola e un fazzoletto di verde fiorito sono fonte di gioia per chi viene a farmi visita. Leggere, raccontare e provare ai fornelli è sempre un impagabile piacere; coltivare affetti e amicizie, specie se di famiglia e di lungo corso come quella con Ada dà corpo alla vita, perciò mi fa piacere accompagnarla in questa Orchestra di cucina.

Nicoletta Airenti

Mi sono avvicinata alla cucina da bambina: per alcuni anni mia madre insegnava fuori città, in paesini sperduti nell’entroterra ligure e non sempre poteva prepararci pranzo o cena. Ho cominciato, neanche a dirlo, con il cucinare la pasta  al  pesto e il minestrone.  Queste prime esperienze in cucina, nate più da esigenze pratiche che da passioni spontanee, non mi dispiacevano ed anzi, poco per volta, “ci ho preso gusto”. Avevo più o meno otto anni quando ho imparato a fare la maionese (a mano come usava allora) e l’insalata russa di cui ero ghiotta.  Sono passata poi alla torta verde, alle verdure ripiene, in cui mia madre era maestra, e poi  alla pizza all’Andrea, la farinata, i ravioli di boragine ed altro in cui mia nonna dava il meglio di sé.

Dopo gli studi mi sono dedicata all’informatica e la cucina è rimasta un piacevole hobby.  Una quindicina di anni fa ho deciso di andare a scuola per dare un po’ di organizzazione alla mia esperienza da dilettante e soprattutto acquisire la tecnica. Ho iniziato con alcuni corsi base, poi sono passata agli avanzati . Ho incontrato grandi chef e insegnanti eccezionali, capaci di trasmettere la loro passione oltre che le loro competenze. Come è successo a Paola anch’io ho iniziato a desiderare di stare dall’altra parte.
 Mi sono iscritta all’AICI, dove ho conosciuto la maggior parte delle insegnanti che collaborano a questo blog e ho avuto l’opportunità di apprezzare la loro cultura e la loro vastissima esperienza. Alcune sono state delle vere e proprie “pioniere” dell’insegnamento della cucina in Italia e dell’arte del ricevere.
Ho avuto poi l’opportunità di insegnare presso alcune scuole tra cui la Cook and Books Academy di Mondadori e l' UNITER (Università della Terza Età e del Tempo Libero di Arese), esperienza a cui tengo molto perché mi stimola a continuare a studiare per inventare corsi sempre diversi  in cui metodi, tecniche e ricette devono inquadrarsi in contesti storici, in civiltà e culture diverse. Mi dà molta soddisfazione anche lo studio dei processi  chimici, fisici, biologici che sono alla base della cucina e per questo ho molta curiosità per la cucina molecolare e le tecniche innovative.
Due parole infine sulla "mia cucina". A distanza di anni, pur con un bagaglio di esperienze più ricco e qualificato, la mia cucina è ben ancorata alle sue radici. Adoro il profumo delle erbe aromatiche e dell’olio extra vergine; mi piace molto preparare verdure, zuppe, torte salate e focacce senza dimenticare i dolci di cui, ahimè, non posso fare a meno!

Maria Elena Spikermann

Abito a Milano da 20 anni, sono nata in Argentina in una famiglia cosmopolita, ma per lo più italiana. Questa mia caratteristica insieme alla specializzazione in letteratura ispanoamericana, ha fatto di me una sorta di ponte tra il vecchio e il nuovo mondo, adoro il mio lavoro di scout e agente letteraria.  

Vi chiederete cosa c’entra questo con un blog di cucina? L’entusiasmo, lo stesso che metto nel portare avanti il senso d’arte della cucina che arriva dalla mia famiglia, un vero e proprio patrimonio.  La mia nonna materna (siciliana) era davvero brava, a noi nipoti proponeva sempre piatti di raffinata ricercatezza.  Poi mia mamma, verso la fine degli anni ‘70, ha aperto una scuola di cucina per ragazzi a Buenos Aires.  In questo ambiente i miei fratelli ed io scorrazzavamo alla grande e penso che per una sorta di felicissima osmosi abbiamo imparato quello che gli altri ragazzi venivano a cercare. 

A 18 anni ho incontrato i miei parenti italiani e ho constatato che l’amore per la cucina e la tradizione era un fatto di famiglia. Penso alle mie zie, in speciale modo a Mirella e ad Ada (presso il suo indimenticabile Angolo della Gastronomia ho imparato alcune delle sue fantastiche ricette).

Sono sposata con un milanese e ho tre figli di 17, 13 e 5 anni. Ho da sempre organizzato i compleanni e le feste in casa.  Con loro ci divertiamo a cucinare, ci piace provare ricette innovative e della tradizione.  È così che, senza accorgermene, mi ritrovo a ripetere gli stessi gesti della nonna, della mamma e delle zie.  Mi auguro che un giorno i miei figli li sappiano tramandare a loro volta con naturale entusiasmo, come me.
 
In questo spazio proporrò tante ricette semplici e ghiotte realizzate a loro fianco. Ricette con un grado di difficoltà adatto alle diverse età.  Cucinare insieme è divertente e allo stesso tempo educativo perché imparano ad apprezzare il lavoro che c’è dietro ad ogni piatto. Non nascondo che una buona dose di pazienza ci vuole per non inveire al primo (e non ultimo, ahimè) incidente di farina, uovo e quant’altro, ma ne vale la pena, credetemi, se non altro per godere delle loro espressioni d’orgoglio e soddisfazione a piatto ultimato.

Paola Sgadari

Quando ho iniziato ad occuparmi di cucina? E’ difficile dirlo, certo è una passione maturata pian piano, quasi in sordina, ma che adesso fa parte della mia vita. Per curiosità, per voglia di approfondire, nel 1991 mi sono iscritta, come allieva, alla scuola Cordon Bleu di Roma, allora gestita dalla Sig.ra Jarrat. Ho seguito tutti i corsi possibili e mi sono resa conto che il mio desiderio, in realtà, era quello di trovarmi “dall’altra parte”, essere io la “maestra”.
Per iniziare ho provato, per me stessa, ad organizzare un ipotetico e virtuale corso, scandito da ben precise lezioni. Come secondo passo ho sperimentato le mie capacità con le amiche più care, fino ad arrivare a gestire dei corsi aperti a tutti, nel 1994.

Nasce così la “Mandragola”, a Roma.
Nel 1997, per motivi di lavoro di mio marito, mi trasferisco a Milano. Qui ho atteso circa un anno, necessario per ambientarmi, prima di ricominciare.

Mi sono presentata da Ada. Ho “bussato” molto timidamente, impressionata dalla sua figura che conoscevo solo di fama ma che ammiravo tantissimo. Ada è stata, ed è ancora, la mia vera maestra di cucina. Grazie a lei, che mi ha dimostrato subito una gran fiducia, sono entrata a fare parte del gruppo delle insegnanti. Contemporaneamente mi sono iscritta all’A.I.C.I., e vi sono rimasta fino alle mie dimissioni nel 2012. Dall’amicizia e collaborazione con Ada, Cristina e Patrizia è nato l’Atelier dei sapori.

Come vedo la mia lezione tipo? Semplice, rilassata, divertente, soprattutto non causa di stress. Cucinare è fonte di grande soddisfazione e può essere anche un gesto d’amore nei confronti delle persone alle quali vogliamo bene.
Amo spiegare semplificando le nozioni più complicate, i passaggi più complessi, cercando al contempo di fornire tutte le nozioni  che reputo necessarie per una buona riuscita del piatto. Tutto ciò viene completato da una spiegazione tecnica che ritengo indispensabile affinché le persone possano ottenere poi, da sole, dei risultati ottimali. Credo, infatti, sia importante anche capire il perché di certi processi: nulla avviene per caso o per combinazione.
Per ogni ricetta, se possibile, svolgo un’accurata ricerca storica, per ritrovarne le radici regionali e temporali e un’ aneddotica, se esiste.

 Mi piace molto curare la presentazione del piatto, presto attenzione agli aspetti cromatici, alla disposizione delle varie componenti, alla proporzione tra contenente e contenuto e alla loro armonia di forma e di colore. In sostanza, mangiare è una necessità imprescindibile per l’essere umano, perché allora non renderla divertente, gratificante, rilassante e appagante?

Ada Parasiliti

La mia storia in cucina inizia con una delusione…
Per i miei 15 anni aspettavo una nuova racchetta da tennis e la nonna – come capirò solo più tardi, molto saggiamente – mi ha regalato il TALISMANO DELLA FELICITA’ di Ada Boni.

Un libro ricco di sapienza che ha accompagnato e tuttora accompagna le generazioni nella cultura del cibo e della tavola; un prezioso saggio  dove la conoscenza degli alimenti e delle loro preparazioni si accompagna all’arte della presentazione a tavola e rende la signorilità accessibile anche a chi non dispone di grandi mezzi. Un titolo sapiente che guida alla cucina e al ricevere come occasioni di  gioia.

Un colto contributo femminile alla storia moderna del cibo e del gusto, che ha rotto una tradizione e quasi monopolio maschile nelle opere di cucina, da Apicio in poi, e ha reso ragione di una sapienza che le donne hanno accumulato nella quotidianità, tramandandosi l’arte nel racconto della tradizione familiare.

Superata la delusione, ho incominciato a sfogliare il libro fondamento dei miei interessi futuri, provando molto ingenuamente, le ricette più complicate, naturalmente… con un risultato disastroso.

Come tutti i giovani neofiti sottovalutavo l’importanza della essenzialità e della gradualità nelle realizzazioni.

Più tardi, durante un soggiorno a Parigi,  è stata comunque decisiva la scoperta della scuola Cordon Bleu. Ci son capitata davanti per caso, dopo averne sentito parlare da amici. Entrata per curiosità, l’ho poi frequentata in modo diligente, venendo a contatto con un mondo nuovo, seguito non soltanto da professionisti ma da appassionati di cucina di vari paesi.

Ritornata a Napoli ho chiesto al direttore della Scuola Alberghiera della città, che  col romantico  nome  di Villa delle Ortensie dominava da  Posillipo un panorama mozzafiato, di organizzare per un gruppo di amiche alcuni corsi di cucina per “non professionisti”. Mi rallegrava allora anche accompagnare la gioia del mare scintillante goduto con gli amici in barca,  con cestini da pic-nic ricchi di nuove gustose composizioni a sorpresa. Erano tempi di gioia che il lontano Talismano aveva impresso in me come stile di vita da trasmettere attraverso  la cucina.

Nel frattempo ho letto con interesse altri testi come il Cucchiaio d’Argento 1950 di Franca Matricardi, Il Piacere della Tavola di Anna Baslini, il Manuale di Cucina di Katharina Prato e molti sulla cucina Regionale Italiana e Internazionale.

Comincia dunque per piacere conviviale la mia professione di insegnamento in cucina.
Pioniera negli anni giovanili, per passione  e per temperamento, non ho più frenato nel corso della  mia ormai lunga vita, la curiosità. Con lo stesso entusiasmo scattato all’avvio, ho continuato sempre la sperimentazione diretta, la ricerca delle tradizioni e anche delle innovazioni negli strumenti di cucina, delle elaborazioni raffinate, come pure degli straordinari piatti raccolti e raccontati nell’intimità gelosamente custodita delle famiglie, di madre in figlia.

Nel 1969 c’è la tappa fondamentale del mio percorso:  riesco allora ad aprire nel cuore storico di Milano (prima in via Borgospesso e poi in piazza del Carmine)  un piccolo goloso negozio con annessa una piccolissima Scuola di Cucina che ho tenuto poi per  un tempo  lungo.
In anni in cui non era usuale come oggi, ho organizzato il catering (non si chiamava così in quel tempo) per eventi festosi anche in Paesi lontani, ho confrontato e sperimentato ingredienti, ho collezionato oggetti e forme per le più disparate preparazioni in Italia  e in altre civiltà. Ho accumulato attraverso gli anni una  raccolta di fonti di letteratura culinaria assai disparate, compresi  in libri e in fogli e  vecchi quaderni pieni di ricette.
Ora è giunto il tempo di trasmettere ad altri il mio patrimonio e farlo vivere oltre i miei fornelli e il mio tempo.

Desidero “passare avanti” le tradizioni, la varietà e l’eleganza della cucina italiana, con lo sguardo attento anche alle tradizioni di altre culture culinarie. I popoli dialogano anche attraverso il cibo e le sue elaborazioni e la cultura se ne arricchisce. 

Una grande esperienza che mi ha dunque divertito e gratificato. La cucina é stata  la mia carrozza incantata che mi ha fatto  anche girare il mondo, assaporare altre cucine e frequentare vari corsi, perché non si è Maestri se non si continua a imparare.

In quei lontani anni ‘60 si può allora  dire che è stato  anche  inventato un nuovo mestiere: la Maestra di cucina, un titolo che oggi molti indossano e aspirano raggiungere. Una professione che spazia nei più diversi luoghi e forme di comunicazione.

Per me ora è tempo di mettere ordine nel mio vastissimo archivio e di renderlo accessibile a molti, perciò ho deciso di inserire  nel Blog  Orchestra di Cucina la gran parte delle mie ricette, sperimentate nel mio lunghissimo tempo di ricerca e lavoro.
Questo mio archivio non sarà un’ordinata classificazione scolastica. La cucina è intuito, creatività e memoria.
Dunque non seguirò né le stagioni, né la logica. Lascerò invece che per questo ricettario in crescita siano liberi maestri di collezione, la memoria e il cuore, che guideranno le mie mani nella riscoperta curiosa  di una vita per la Cucina.

Nel 1994 ho contribuito alla fondazione dell’Associazione Insegnanti di Cucina Italiana, sono stata anche presidente, ho dato le dimissioni nel 2012.


domenica 28 aprile 2013

Parmigiana di pesce spada


Ingredienti (per 8 persone):

Fette di melanzana (il quantitativo sufficiente per poter fare 3 strati nella pirofila)
olio extravergine d'oliva
Kg 1,200 di pesce spada tagliato a fette e senza pelle
500g di purè di pomodoro piuttosto denso
3 uova
sale e pepe
100g di parmigiano grattugiato
basilico spezzettato con le mani

Al lavoro:

Fare scaricare le melenzane in acqua e sale per 1 ora, sgocciolarle, asciugarle e friggerle in olio profondo.

Alternare in una pirofila melanzane fritte, fettine di pesce spada, sale, pepe, pomodoro, parmigiano e basilico. Per ultimo fare uno strato di melanzane.

Battere come per frittata le uova con il parmigiano rimasto e versare nella pirofila.

Cuocere in forno preriscaldato a 190° per circa 30 minuti.
Servire la parmigiana calda (non bollente) o tiepida.
                                                                                            

Ada

Sedanini rigati al prosciutto e limone

Durante una cena il signore seduto accanto a me (mi spiace non ricordarne il nome) ha voluto per forza darmi questa ricetta. Devo ringraziarlo perché il piatto è veramente gustoso anche se le signore, sempre a dieta, lo troveranno “orribile”.

martedì 16 aprile 2013

Organizziamo un buffet di successo

Quante volte avete sognato di organizzare un buffet nella vostra casa e ogni volta siete stati presi dal panico di non essere in grado di risolvere tutti i piccoli e grandi problemi che un lavoro del genere comporta? In realtà, tutto è possibile, basta seguire poche semplici regole... .
L’organizzazione sarà fondamentale per evitare che il vostro buffet si risolva in una fatica eccessiva e sproporzionata.
 

lunedì 15 aprile 2013

Pizzarelle

Una ricetta dolce della cucina ebraica romana, secondo la tradizione di famiglia di una cara amica, che abbiamo preparato per una manifestazione intitolata "Insieme a tavola con la memoria" nell' affascinante cornice di Sala Margana a Roma nella primavera 2011 .


venerdì 12 aprile 2013

Arriva la Primavera

Una decorazione semplice ma originale per la vostra tavola di Primavera: fagioli borlotti e margherite rosa.
 


 
 
 

giovedì 11 aprile 2013

Torta di briciole con crema


Questa torta è nata perché, ogni anno,  la mia amica Nori G. mi inviava da Lecce alcuni barattoli di squisite amarene. Naturalmente una volta finite le amareno dovevo adoperare la marmellata di ribes rosso che compravo a Bressanone. E’ buona anche con marmellata di arance non troppo dolci. 
Ho tenuta segreta la ricetta fino al giorno che ho ceduto il negozio, E’ una torta semplicissima, forse non meritava “il segreto”.
Avevo aperto il negozio non da molto quando 2 giornalisti giapponesi hanno frequentato uno dei miei corsi sui dolci che includeva anche la Torta di briciole. Ritornati in Giappone hanno pubblicato un simpatico libro con altre ricette e molte foto.
Sembra che il titolo sia LE RICETTE DI NONNA ADA……..Per fortuna mi fa giustizia la mia foto.
E’ buffo, ma alcune clienti hanno comprato il libro in Giappone per avere questa ricetta!!!

Crostata di pere e cioccolato

Fa parte dei dolci che avevano un grande successo nel mio negozio. Ogni giorno, per ben 27 anni, ne preparavamo un certo quantitativo per soddisfare i nostri “golosi” clienti. 
             

venerdì 5 aprile 2013

Crostata di Limone

In negozio producevamo molte torte a base di pasta frolla, ho dovuto così cercare un dolce per utilizzare il quantitativo enorme di albumi che avanzava. Dopo tante prove sono riuscita ad indovinare le dosi esatte. La preferisco fredda di frigorifero.

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...