martedì 24 marzo 2015

"Snite" o pane indorato

Ci sono preparazioni che pur nella loro estrema semplicità, ma forse proprio per questo, hanno il potere, anche per un solo attimo, di suscitare la nostra curiosità.
Sono ricette che parlano un linguaggio antico, comune a molte tradizioni di molti paesi. Potremmo definirle ricette “globalizzate” e infatti ce le ritroviamo spesso fra i piedi con nomi diversi perché diverse sono le lingue o i dialetti alle quali appartengono. Spesso, anzi quasi sempre, sono preparazioni legate al calendario, alle feste tradizionali, ai santi e ai patroni, ai matrimoni come ai battesimi, ma chiamiamole pure “rituali”, ci sarà sicuramente un’altra occasione per approfondire il significato del termine.
Una di queste è sicuramente il “pane indorato”. Ogni zona, anche del nostro Friuli, le conosce con nomi diversi: “sopis doradis o indoradis”, solo “sopis” in Carnia; “schnitte” per i triestini e i goriziani, semplicemente “SNITE” senza doppie, per quelli delle Valli del Natisone; curioso come qui c’è ancora qualche anziana che le chiama “panperso”.
Per fare le “snite” procuratevi un filone di pane raffermo di uno, due giorni al massimo. Tagliatelo a fette di un centimetro circa. Immergete ogni fetta, operazione da fare velocemente, prima nel latte aromatizzato con della grappa, e poi nelle uova intere sbattute con un pizzico di sale.
Friggetele in abbondante olio, anche se c’è chi preferisce dorarle in padella con il burro.
Servitele calde, cosparse abbondantemente di zucchero semolato.
Il termine “snite” deriva dal tedesco “schnitte” che significa fetta.

Lucia

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