venerdì 13 dicembre 2013

I regali di santa Lucia



Quando ero bambina i regali me li portava sempre Santa Lucia, non solo perché quel giorno festeggiavo l’onomastico, ma perché la notte tra il 12 e il 13 dicembre la Santa, con il suo asinello, visitava le case dei bambini del mio paese. Bastava una vecchia scarpa, messa fuori dalla porta della camera la sera, per rinnovare il prodigio: la mattina del giorno tanto atteso, la scarpa spariva ed al suo posto comparivano i regali ed i giochi che avevo sognato per tutto un anno.

Una volta ricordo, provai a ripetere la magia della scarpa anche la notte di Natale, ma la mattina al suo posto trovai solo una bacchetta che non aveva nulla di magico, ma in compenso era “altamente simbolica” anche per una bambina.

La spiegazione della mamma fu che se Santa Lucia non poteva vedere le mie birichinate, perché il martirio l’aveva privata degli occhi, Gesù Bambino gli occhi li aveva, eccome ! E così sono cresciuta con la convinzione che non si può piacere sempre a tutti, e col tempo mi sono rassegnata.

Per fortuna Santa Lucia ha continuato a bussare alla mia porta, non solo nella sua magica notte, ma spesso durante l’anno e i suoi regali li riconosco fra tutti perché hanno sempre qualcosa di speciale, di magico: come la favola della donna selvatica raccontata in dialetto resiano, i libri con dedica, il secchio colmo di spighe di grano o la ricetta del “cunin cuêt”, scritta a mano e che inizia così: “Vadi nella conigliera prenda il coniglio più grosso, lo ammassi e lo prepari …”

Ma per rimanere in tema con il Natale, l’ultimo regalo di Santa Lucia è il racconto di Vladimir che assiste l’anziano papà di Alma. Lui viene da un piccolo paesino vicino a Leopoli nell’Ucraina occidentale dove il Natale ortodosso si festeggia il 7 gennaio. Per la cena della vigilia le donne della sua famiglia preparano 12 piatti diversi, tutti a base di verdure e cereali, che secondo Vladimir simboleggiano le offerte di cibo dei 12 pastori presenti alla nascita di Gesù.

Il pavimento della cucina viene completamente ricoperto di fieno e paglia perché tutti gli animali di casa sono invitati al convivio; la mucca e il maiale vengono condotti in cucina prima della cena, gli si fa fare il giro della stanza e poi vengono riaccompagnati nei loro alloggi privati. Galline, oche, anatre, cani e gatti possono invece rimanere per tutta la durata della cena.

Alla fine non viene gettato nulla, anche la più piccola briciola l’indomani verrà data in cibo agli uccellini.

Il rituale inizia con la preghiera davanti alle icone sacre e solo quando la prima stella appare nel cielo si può iniziare a mangiare. Il primo cibo che viene distribuito, il più importante dei 12 piatti preparati è la “kut’ja”, una minestra asciutta dolce preparata con chicchi di grano cotti, noci, semi di papavero e miele.

Non è curioso che un piatto molto simile, anche nel nome oltre che negli ingredienti, si consumi ancora oggi in alcune zone della Sicilia ?

Un filo misterioso lungo di secoli, se non di millenni unisce la “kut’ja” russa alla “cuccìa” siciliana anch’essa a base di chicchi di grano, ricotta, canditi e miele e che viene preparata per festeggiare proprio il giorno di Santa Lucia.

Lucia

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