venerdì 19 dicembre 2014

Il Natale in Provenza


Ho letto in un libro la descrizione della tradizione del Natale in Provenza. A me è piaciuta molto ed ho pensato di raccontarla anche a voi, sperando di farvi cosa gradita.


In Provenza, il Natale inizia il 1 dicembre, un mese circa, necessario ed indispensabile, per organizzare la grande festa.
Tutte le famiglie provenzali si procurano un calendario dell’Avvento in modo da organizzare per bene le cose giorno per giorno e per far pazientare i bambini. Il 4 dicembre, il giorno di Santa barbara, si seminano, in una ciotola, del grano o delle lenticchie, posando i semi su dell’ovatta intrisa d’acqua. Se il 25 i semi avranno germogliato, l’anno a venire sarà positivo, e il raccolto sarà buono. 
Poi si comincia ad addobbare la casa. Si decora l’albero con l’aiuto dei bambini. Non potrà mancare neanche il presepio. I personaggi rappresentano i mestieri della città e della campagna provenzale.
La sera della vigilia, il più anziano, aiutato dai più giovani, ha il compito di preparare il ceppo nel camino: il tronco è ricavato da un albero da frutto, ciliegio, pero o olivo, il più grosso possibile della provvista per l’inverno. Insieme, tenendo il ceppo tra le braccia, essi fanno tre volte il giro della tavola (simbolo della Trinità), poi lo mettono nel caminetto e il nonno bagna per tre volte di seguito il legno con del vino o dell’olio, ripetendo le frasi augurali. Questo ceppo, molto grosso, dovrebbe bruciare lentamente fino al nuovo anno. Questa tradizione ai nostri giorni è caduta un po’ in disuso e per ricordarla il ceppo si mette in tavola trasformato in dolce: La Bûche de Noël, 
Prima della Messa di mezzanotte, si svolge una cena tradizionale, ma piena di simbolismi: le Gros Souper di Natale.
La tavola è apparecchiata con tre tovaglie, una sopra all’altra, una per ogni persona della santissima Trinità, ed è illuminata da tre candele. E’ decorata con rametti d’agrifoglio, di grano germogliato e di fiori.
I piatti sono sette e rappresentano i sette dolori della Vergine.
Dopo la tradizionale zuppa di zucca, si spegne la prima candela e si leva la prima tovaglia, facendo attenzione a fare cadere le briciole e i resti di pane su quella sottostante. Seguono delle lumache, secondo una ricetta tipica. Il terzo piatto è base di pesce, poi un contorno. Il quinto è composto da legumi tradizionali: cavolfiore, sedano, carciofi. Conclude una insalata mista.
Prima di portare in tavola il settimo piatto si toglie la seconda tovaglia e si spegne la seconda candela.
Il settimo piatto è composto da 13 desserts. Sono 13 come i partecipanti all’ultima cena. Bisogna portare in tavola:

Una focaccia o “Pompe” all’olio d’oliva.
Del torrone bianco alle nocciole, pinoli e pistacchi.
Del torrone nero al miele.
La frutta secca che viene chiamata in Francia mendiant, perché ogni specie ricorda un ordine religioso particolare di monaci mendicanti.
Fichi secchi (che ricordano l’ordine dei francescani)
Mandorle (per i Carmelitani)
Uva secca (per i domenicani)
Noci (per gli Augustiniani)
Uva fresca o pere d’inverno
Pasta di melacotogne o frutta candita
Arance
Mandarini o cedri canditi
Torta di zucca
Datteri (simbolo del Cristo venuto dall’Oriente)
I 13 dessert sono spesso accompagnati da Ratafià alle ciliegie o vino cotto.

Alla fine del pasto, la tavola non deve restare senza tovaglia, si annodano giusto gli angoli affinché nulla caschi a terra e affinché i cattivi spiriti non vi possano salire sopra. Non si sparecchia completamente, anche perché esiste sempre la possibilità che i cari assenti, posano venire durante la notte e partecipare alla cena di Natale come i vivi.

Per concludere, se mai aveste voglia di introdurre nelle vostre case la tradizione dei 13 desserts, ricordate, l’importante è che siano tredici e che siano messi in tavola nello stesso tempo. 

Buon Natale a tutti.

Paola                                                             

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